27 gennaio 2010

Sotto la lente Pedinamenti e ricerche di informazioni, oggi con l’aiuto della tecnologia. Ecco chi sono, come si diventa e quanto guadagnano i detective
“Segua quell’auto.” Gli Sherlock Holmes di casa nostra

Infedeltà coniugali, figli difficili, ma anche debitori scomparsi nel nulla: ci pensano le agenzie investigative

 
Roberta Guizzardi

FIRENZE – Fanno domande, indagano, pedinano “ma non chiamateli spioni”. Sono gli investigatori privati: gli Sherlock Holmes di oggi con internet, fotocamere, videocamere, registratori e rilevatori alla mano, che operano in ambito civile sono nella provincia di Firenze 50, di cui 9 hanno anche la licenza in ambito penale. Due di loro si raccontano: bisogna avere una predisposizione personale, dinamicità mentale e creatività per creare empatia con il cliente. Una moglie paziente poi non guasta, perché questo lavoro non ha certo orari d’ufficio. “E’ un lavoro interessante perchè non è statico, ti forgia facendolo direttamente, ma non è semplice – dice Maurizio Spazzoni, detective da 15 anni e titolare dell’agenzia investigativa Velox – perché basta un attimo e si rischia di compromettere l’esito del sevizio”. Ma come si inizia questa carriera? A deciderlo è il prefetto, che valuta i curricula e concede la licenza. Il background può essere un precedente operato all’interno delle istituzioni pubbliche, come carabinieri e polizia, o una pratica in un’agenzia investigativa. Inoltre un titolo di laurea potrebbe essere di aiuto. “Mio zio Nello, ex carabiniere in pensione, nel dopoguerra si inventò questo lavoro come corrispondente di grandi aziende del nord cui forniva informazioni commerciali per Firenze – racconta Alberto Paoletti, detective dal 1969 e titolare dell’agenzia investigativa Informark -. Quella era l’epoca del boom economico italiano e le informazioni commerciali venivano richieste in grande quantità dalle aziende sull’affidabilità dei clienti che compravano con le cambiali”.
Alberto e Maurizio hanno imparato i rudimenti del mestiere “a bottega”, il primo dallo zio ed il secondo dal padre, continuando una tradizione familiare. Ma vediamo sotto la “lente di ingrandimento” come funziona il loro lavoro. “Prima viene valutato il caso insieme al cliente – spiegano i due detective – ascoltiamo il racconto, facciamo le domande e raccogliamo le notizie ed i dati. Una volta accertata la liceità dell’indagine, l’esistenza di un valido motivo giuridico per investigare e conferito l’incarico per iscritto, si fa una riunione con i collaboratori per attivare il servizio. Questi redigono dei rapporti informativi su ciò che fanno da cui poi viene predisposto il dossier finale per il cliente”.
Tutto è iniziato con le informazioni commerciali, ma la richiesta dei servizi si è modificata negli anni specularmente alla litigiosità della società. E i settori più litigiosi ed in cui si indaga di più oggi – confermano Spazzoni e Paoletti – sono gli ambienti familiari, dall’accertamento di requisiti per l’adozione e l’affidamento di minori, alle pratiche giudiziarie per separazioni legali, al problema droga dei figli e loro frequentazioni, quelli lavorativi per concorrenza sleale, infedeltà dei dipendenti, ricerca di informazioni su debitori che scompaiano, oltre alle richieste di danni alle assicurazioni ed alle bonifiche”. Le motivazioni dei clienti? “L’esigenza di avere certezze, di conoscere la situazione per poi decidere cosa fare”, assicurano Spazzoni e Paoletti i cui servizi costano dai 50 agli 80 euro l’ora più il rimborso spese.
Il segreto per condurre bene un pedinamento? “Essere anonimo tra gli anonimi – dicono i due investigatori -. A volte – aggiunge Paoletti – si usano travestimenti, ma se li metti vuol dire che chi stai seguendo se ne è già accorto”. E’ un’arte, fa notare Paoletti, “il pedinamento è la parte più difficile di tutto il puzzle investigativo!”.

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La novità Un testo con le norme da rispettare
Comportamento inappuntabile:
prima regola del codice deontologico


FIRENZE – Indagini illecite come scorciatoia per evitare procedure più lunghe? Non più, perché proprio per la tutela del cliente dal 1 gennaio dello scorso anno è entrato in vigore il Codice deontologico per avvocati ed investigatori privati.
Si tratta di un testo di norme comportamentali precise e inequivocabili a cui devono riferirsi senza esclusione tutti gli operatori del settore.
Il Codice, che è il primo del suo genere nel contesto europeo, ha visto lavorare allo stesso tavolo investigatori, capitanati da Genuario Pellegrino ed Alberto Paoletti, rispettivamente presidente nazionale e regionale della Federpol, garante della privacy ed avvocati.
Il codice regolamenta il trattamento dei dati personali utilizzati per svolgere investigazioni difensive o per far valere un diritto in sede giudiziaria, introduce il conferimento di incarico scritto, la possibilità di incarico scritto, la possibilità di indicare successivamente al mandato i nominativi di altri investigatori, la semplificazione dell’informativa sulla privacy per indagini particolarmente delicate, come quelle all’interno degli ambienti criminali o nei casi di concorrenza sleale, e disciplina la temporanea conservazione da parte dell’investigatore di alcuni dati proprio ai fini dell’eventuale dimostrazione della liceità e della correttezza del proprio operato.
Insomma, la realtà odierna è piuttosto diversa da quanto si vede nei film, e niente più è lasciato all’improvvisazione. E la professionalità diventa un requisito fondamentale, senza il quale operare diventa impossibile.    R.Gui.

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Esperienza diretta “Molti ci vedono solo come quelli che corrono dietro alle corna altrui. Ma il lavoro aumenterà quando capiranno che non è così”
“Impermeabile e occhiali da sole? Un’immagine da film americano”

 
Firenze – Fascino, curiosità, vita avventurosa. Appaiono davvero irresistibili i detective privati, almeno nei libri, in televisione ed al cinema, che così spesso nella storia li hanno raffigurati.
Chi non ricorda la figura dell’investigatore con impermeabile, bavero alzato, borsalino ed occhiali da sole! Uno stereotipo, una rappresentazione finzionale che però fa sognare chi la guarda.
“E’ la classica rappresentazione dell’investigatore – sottolinea Alberto Paoletti, detective dal lontano 1969, che proprio su questo argomento sta scrivendo un libro – presente soprattutto nelle fiction che lo dipingono come eroe metropolitano che incarna l’esigenza di giustizia e di realizzazione dell’individuo, l’idea di farsi giustizia contro le ingiustizie della società e del potere”.
Ma non basta, perché per molti l’investigatore è ancora una specie di segugio che si muove per la città attaccato alle calcagna dei fedifraghi, con un’immagine tipica da romanzo o film americano.
“Molta gente – aggiunge Paoletti – vede ancora, nonostante tutte le iniziative fatte proprio per cercare di scrollarsi di dosso questa idea, l’investigatore come quello che corre dietro le corna altrui e solo nel momento in cui la gente prenderà coscienza che fa anche altro, aumenterà il lavoro. Però – racconta, attingendo alla propria esperienza personale – mentre negli anni ’60 nei salotti radical-chic fiorentini mi vergognavo a dire quale attività facevo perché mi consideravano uno spione, oggi c’è un immagine più considerata ed accettata socialmente”. Insomma gli eroi cine-letterari sono molto diversi dai detective “veri”, che invece sono delle persone normalissime, che svolgono il loro lavoro senza uscire dai binari delle norme. Ma infondo sognare è lecito!   R.Gui.