Parla il decano dei detective: «Licenze troppo facili»
E spiega:«Lavoro e famiglia sono i due ambiti dove siamo maggiormente richiesti»


ADELE TASSELLI
Troppo facile diventare detective, difficile farlo bene. Questo il bandolo di una matassa che troppe volte tende ad ingarbugliarsi, come nell’eclatante storia di spionaggio durante la campagna elettorale della Regione Lazio. La vicenda ha nuovamente aperto una questione spinosa per la categoria: quella delle licenze per investigatori privati. «C’è un rilascio indiscriminato a livello nazionale e questo satura il mercato» spiega Alberto Paoletti, direttore dell’istituto Informark, con sede in via Calzaiuoli, e presidente regionale di Federpol, la federazione nazionale degli istituti investigativi. Paoletti, che è anche membro della Commissione del redigendo codice deontologico, spiega come «In un mercato saturo, in concomitanza di una crisi congiunturale, possa verificarsi che taluni, pur di sopravvivere, facciano operazioni non lecite». «Sono 100 le licenze rilasciate tra Firenze e provincia, circa 200 in tutta la Toscana» dice Paoletti perché da tempo Federpol chiede una maggiore selezione per accedere alla professione. «Non c’è un esame - continua - e possono ottenere la licenza quelli che hanno fatto parte delle forze dell’ordine o persone che abbiano svolto un tirocinio presso un’agenzia investigativa. Noi vorremo una maggiore selezione che preveda, tra le altre cose, la laurea e una pratica di almeno cinque anni del candidato. Gli ultimi fattacci sono spesso commessi da abusivi che si spacciano per investigatori e verso i cui modi di agire la Federpol si è sempre dichiarata contraria». Che sia un vero investigatore, o un abusivo, l’investigatore privato rischia fino a cinque anni di carcere per intercettazioni telefoniche (art. 617bis del codice penale). E Federpol ha dichiarato che nel settore degli investigatori «l’abusivismo impera» e «molti istituti pubblicizzano liberamente servizi vietati». Anche se si muove nel rispetto delle regole, quella del detective è una professione che espone a rischi e che non può essere svolta improvvisandosi. Ci vuole preparazione e studio: «Per un pedinamento potresti essere denunciato per molestie» avvisa Paoletti. E l’istituto Informark e Federpol sono attivi da anni per riqualificare la figura del detective in Italia. «Sono reduce dall’Università di Siena – racconta Paoletti – dove il professor Giammarco Baccari sta concludendo un corso di “tecnica e diritto dell’investigazione”». Un campo che sa interessando tanti giovani «Soprattutto le donne. Inoltre negli ultimi anni il numero dei contenziosi è aumentato e ci si rivolge maggiormente sia ad avvocati sia a investigatori. Le indagini che svolgiamo – precisa – riguardano principalmente due ambiti: quello familiare e quello lavorativo. E quindi, la concorrenza sleale, le infedeltà tra partners in affari, la contraffazione di marchi, l’individuazione di beni aggredibili. Oppure, in ambito familiare, si indaga per motivi di soldi, per l’assegno di mantenimento, l’affido dei figli. Molti genitori vogliono sapere cosa fanno i loro figli, se usano sostanze stupefacenti, chi frequentano».
Attiva dal 1969, l’Informark «ha fatto la storia dell’investigazione. Siamo alla seconda generazione» racconta Paoletti. Fu suo zio Nello Paoletti, ex carabiniere, ad inventarsi questa professione. «Con la sua vespa ha girato mezza Toscana su strade non ancora asfaltate. Allora si indagava sulla solvibilità della gente. Erano gli anni che si firmavano montagne di cambiali per acquistare cose. Durante l’alluvione del 1966 le aziende del nord volevano sapere a che altezza fosse arrivata l’acqua  per fare una stima dei danni subiti dai negozi e dai grossisti».


Le agenzie investigative
(Provincia di Firenze)


Firenze                36
Scandicci             3
Empoli                 2
Sesto Fiorentino    2
Campi Bisenzio       2
Fiesole                 1
Calenzano             1
Rignano sull’Arno    1

Fonte: Pagine gialle e Pagine Sì