24 ottobre 2008
La Federpol : «Servono limitazioni e controlli»
«NOI chiediamo attenzione al ministero degli Interni affinché siano messi dei paletti nell’accesso alla nostra professione. Che non è un’attività commerciale qualsiasi, è delicatissima. E l’inflazione di licenze sul mercato non porta solo a un fallimento, ma può innescare la voglia, per sopravvivere, di fare magari delle cose che possono essere non troppo regolare». Tiene a sottolineare che la sua è una «valutazione generale e non parlo del caso specifico perché non lo conosco nel merito», ma l’analisi di un’autorità del settore come Alberto Paoletti – da anni presidente regionale della Federpol, la principale associazione nazionale delle agenzie investigative private – è inevitabile dopo la bufera esplosa in questi giorni con gli arresti di alcuni ex investigatori privati. La sua posizione parte da un dato storico: «Fino al 1990 c’era il contingentamento delle licenze e non si erano mai verificati casi di questo genere perché le agenzie avevano buone quote di lavoro».
Dunque, i pericoli d’immagine per il settore sarebbero dovuti a motivi economici: «C’è una sfasatura tra la dimensione del fatturato del settore investigativo, a livello italiano, e il numero delle licenze superiore alle esigenze reali. Questo può spingere qualcuno, sbagliando, a ricercare canali alternativi».
Perché le leggi ci sono e sono chiare per gli 007 privati: «Sicuramente, e per ogni campo d’intervento. E comunque cerchiamo di essere rigorosi, non a caso ci apprestiamo a firmare un codice di autoregolamentazione con il Garante della privacy». Fare selezione, questo è l’imperativo di Paoletti: «Abbiamo sempre pensato a degli esami d’accesso alla professione, non per selezionare la qualità, perché ci sono tanti bravissimi operatori, quanto per arginare questo sogno di molti di fare i detective privati, e magari sperano di diventare ricchi e famosi quando invece la realtà è molto più dura».